Si asciuga le mani con il panno appeso, si dilunga, ogni dito merita cura, poi fa scivolare l’indice sul calendario, schiaccia il 21 marzo, si volta, me lo indica battendoci l’unghia, mi avvicino e faccio risalire il suo indice fermandolo sul 3.
”Nò do se pranverë arrin më parë ?” (”Nonna, che ne diresti di anticipare la primavera?”)
L’assemblea nazionale Dipende da noi donne, che si è svolta a Roma sabato 3 marzo, ha accolto un’urgente reazione unitaria che si è rivelata rigenerante come l’aria primaverile.
È successo questo: un gruppo di donne, in varie parti d’Italia (partendo da Genova, passando per Firenze, Roma, Ferrara, Napoli, Palermo) nei mesi scorsi, ha preso in mano la situazione.
Ha preso per mano non solo le passanti ma le vicine, le fornaie, le fioraie, le fruttivendole, porgendo loro un appello.
Partiamo da noi? Ha chiesto, ha prestato orecchio a quelle che ”dipende dalla politica, mica da noi’,’ a quelle che ”il femminismo è morto”, a quelle che hanno storto il naso e la bocca sentendo il termine sorellanza.
Un abbruttimento facciale incredulo che non ha trovato terreno fertile al pub dei F.lli Di Noto di Piana degli Albanesi.
Sedute in un tavolino che contava quattro posti ci siamo trovate riunite in sette.
La cosa straordinaria è che una giovanissima donna, Anna, che non aveva voce fisicamente a causa di un’operazione subita alle corde vocali è stata quella che grazie al suo taccuino ha lanciato motivi di riflessione importantissimi.
Indimenticabili le dissertazioni sull’identità dirompente di Sophia Loren fatte da Claudia, i volantinaggi di Paola e Angela che hanno trovato applausi imprevisti da simpatiche vecchiette.
Quando mi sono trovata nel cerchio formato dalle cinquanta sorelle partecipanti-protagoniste dell’appello, ho pensato ad un’aiuola.
Donne sbocciate, donne ancora gemme, donne diverse per età, per esperienza, accomunate dallo sguardo chiaro sulla realtà, dal panorama sognante di un cambiamento possibile.
Ci si è concentrate su quello che si è, sul bi(sogno) che ha ognuna di noi, sulle relazioni costruite con le altre donne che giovano, hanno giovato e migliorato ogni ambito della vita e continuano a farlo.
Siamo partite dal bene che ognuna rappresenta per l’altra immediatamente.
Non si può fare altro, me ne convinco ogni giorno di più, di fronte alle Marinelle gettate nei fiumi, leggendo il bollettino di guerra.
Dipende da noi donne sfondare la stanzetta carceraria che ci hanno costruito intorno, che abbiamo abbellito, di cui ci siamo accontentate.
Dipende da noi aprire la porta, dichiarare nullo il contratto che ci vuole in un modo anzichè in un altro.
Dipende da noi ricordare e ricordarci cosa siamo state, chi siamo, cosa vogliamo diventare attraverso il mutuo sostegno.
Dipende da noi intervenire sul processo educativo, ripensare il concetto di cura in maniera indipendente, senza obblighi e sensi di colpa.
Dipende da noi ripartire, manifestare/ci (ri)trovare la forza in se stesse e nelle altre.
Dipende da noi fermare il degrado, il femminicidio perpetrato giorno per giorno.
Dipende da noi continuare a far funzionare i centri antiviolenza, realizzare percorsi di prevenzione, di autodifesa.
Dipende da noi riorganizzare un cammino autoemancipatorio personale, psicologico, culturale e sociale.
È necessario continuare a diffondere l’appello, possibilmente vis-à-vis , che ne pensano le nostre lettrici?
Pubblicato originariamente su Die Brucke.